Esigenze oltre i bisogni

Photo credit: Dimou/Pixabay

Già nel rapporto sulla povertà alimentare del 2021 (ActionAid 2021) avevamo accettato la sfida lanciata dai metodi qualitativi, sfida per cui diventa una necessità uscire da percorsi di indagine ancora predominanti (prevalentemente quantitativi) per contribuire alla comprensione dei fenomeni sociali facendo emergere aspetti non ovvii e necessariamente noti. L’obiettivo, in quel caso, è stato quello di cercare di ricostruire un quadro completo dei bisogni delle famiglie che non riescono ad avere accesso a un cibo adeguato, portandoli all’attenzione delle Istituzioni e dell’opinione pubblica al fine di migliorare le risposte delle politiche e dei programmi di contrasto alla povertà alimentare. L’indagine ci ha permesso, in una certa misura, di capire cosa c’è dietro e oltre il semplice bisogno materiale di cibo per le persone che oggi si recano presso un centro di assistenza alimentare. C’è una differenza fondamentale fra bisogno materiale di cibo ed esigenza di socialità generata dal cibo. Ispirandosi alla teorizzazione di Massimo Fagioli (Fagioli 2017) sulla differenza fra esigenze e bisogni, l’economista Andrea Ventura fa un’affermazione su cui riflettere: “sul piano delle esigenze quello che conta non è la massimizzazione dell’utilità derivante dal possesso dei beni materiali, ma la massima realizzazione delle potenzialità di sviluppo di ciascuno offerte dai rapporti sociali” (Ventura 2012 p. 219). Parlare del bisogno alimentare in senso puramente fisiologico è semplice e per certi versi anche banale; la socialità legata al cibo, anche se non materiale, è un aspetto importante che investe direttamente le esigenze delle persone (ActionAid, 2022). 

A seguire alcune riflessioni maturate dall'indagine su povertà alimentare e adolescenti, sui temi emersi dall'analisi qualitativa e contenute a pagina 88 del Report.

Una prima riflessione riguarda il fatto che gli adolescenti in questo studio hanno dimostrato di sapere cogliere le sfumature che caratterizzano la situazione vissuta in famiglia rispetto all’accesso al cibo, per esempio raccontando come la quantità di cibo disponibile a casa possa dipendere da diverse situazioni, come la difficoltà da parte dei genitori di andare fisicamente a fare la spesa perché magari lavorano anche nei fine settimana o anche fino a tarda sera, o come in condizioni più disagiate, i genitori non potessero fare la spesa per motivi economici. Hanno una consapevolezza piena della condizione familiare, e ciò li rende attenti alle dinamiche familiari, a esprimere preoccupazione rispetto alla condizione dei genitori, comprensione dei sacrifici che fanno, e a mettere in atto comportamenti di cooperazione e supporto alla gestione delle risorse in famiglia. Questi risultati dimostrano una maturità elevata, raggiunta precocemente, e sono sovrapponibili a quelli a cui sono giunti Fram et al. (2011) negli Stati Uniti e, più recentemente, sia O’Connell, Knight e Brennan (2019) nel loro studio nel Regno Unito che Velardo et al. (2021) in Australia. 

Una seconda riflessione riguarda aspetti dei loro atteggiamenti verso il cibo, come ad esempio il fatto di saper distinguere un cibo sano da un cibo nutriente e di saperlo argomentare, come anche saper riconoscere abitudini alimentari salutari, emersi in molte delle testimonianze raccolte per questa indagine. Come riportato anche in altri lavori presenti in letteratura (per esempio, Genuis et al. 2015), queste cose sono venute fuori soprattutto nel corso della discussione svolta intorno alle fotografie che avevano scattato la settimana prima delle interviste. È degno di nota, per esempio, il fatto che buona parte di loro sappia cosa sono i cibi biologici ma allo stesso tempo è consapevole del fatto che l’elevato costo li rende poco accessibili per le loro famiglie. 

Una terza riflessione riguarda l’importanza del cibo per la vita sociale dei ragazzi. I risultati mostrano come il cibo sia rilevante per loro anche nella sua dimensione di favorire la socialità e condivisione, in modi diversi e con intensità diverse anche a seconda dell’età. Se da un lato ci si può aspettare che adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 13 anni avvertano meno l’esigenza di uscire con gli amici e andare a mangiare fuori, rispetto ai ragazzi più grandi, questo non implica che il cibo non abbia un ruolo importante nei rapporti sociali, ma solo che questi si svolgono all’interno della famiglia. L’impossibilità di andare a mangiare sushi con la famiglia perché altrimenti non riescono a far quadrare i conti, o il fatto che i genitori lavorano tanto e non siano a casa per pranzo o nel fine settimana, rappresentano di fatto un limite alle occasioni in cui quell’esigenza di socialità possa essere soddisfatta. Questo non significa che non ci siano in assoluto momenti di condivisione in famiglia, anzi, per molti di loro la famiglia è e resta un punto di riferimento, anche per quelli più grandi. Ma allora bisogna chiedersi: cosa succede quando il cibo scarseggia in casa? È vero che ci si arrangia, oppure ci si inventa qualcosa ma è indubbio che, come ho detto, le occasioni sono di meno. Parlando di socialità legata al cibo, è utile ricordare che in questo studio, per limiti oggettivi di tempo, si è dovuta sacrificare una parte della dimensione più ampia che nel quadro di riferimento abbiamo definito socioculturale. Alla misura in cui la dimensione culturale legata alla povertà alimentare investa anche gli adolescenti, in questo studio si sono potuti fare solo dei piccoli cenni, che però pure hanno rivelato come i ragazzi siano curiosi, si interessano ad aspetti quali la tradizione, o ai cibi di altre culture. Lo spazio limitato dedicato a questo tema non significa pensare che sia poco importante, ma solo che esso avrebbe richiesto un discorso più approfondito. Un tale discorso dovrebbe mirare al comprendere i modi in cui la famiglia, la scuola e la società in generale contribuiscono a plasmare negli adolescenti, da un lato, sia una “cultura del cibo” in quanto tale che un apprezzamento della diversità e della coesione sociale alimentate da contesti multiculturali, dall’altro, possibili visioni sulla rilevanza e le implicazioni politiche e culturali del disagio economico in cui si trovano le famiglie e delle disuguaglianze presenti nella società in cui vivono. 

Un’ultima riflessione riguarda la conferma di come la povertà alimentare possa avere effetti sul benessere mentale di bambini e adolescenti, una conclusione sulla quale esistono moltissimi riferimenti in letteratura. Questa indagine conferma che i ragazzi nella fascia di età tra gli 11 e i 16 anni, non solo sono consapevoli del fatto che in famiglia c’è o ci può essere un problema di accesso al cibo ma anche che ne sono influenzati psicologicamente. Le reazioni emotive raccolte sono diverse e manifestano diversi livelli di intensità. In questo studio è emerso spesso un atteggiamento di comprensione ma anche, talvolta, di rassegnazione verso una situazione familiare che provoca loro disagio, soprattutto perché implica delusione per richieste disattese di cibo o altro, ma che per la quale non si vedono vie di uscita. Si tratta di un carico emotivo molto forte che adolescenti di questa età non dovrebbero avere.

CC BY-NC-SA - Attribuzione – Non Commerciale – Condividi allo Stesso Modo

    




Commenti

Post più popolari